09:00: S. Messa per il Dialogo Ecumenico
Gli Istituti Secolari sono "dono" nella Chiesa, fin dall'inizio del secolo XX. Nascono contemporaneamente in vari Paesi del mondo e, tra i primi, in Italia.
Sono sorti per ispirazione dello Spirito Santo, come è stato più volte dichiarato dai Papi e in un momento storico che preannunciava un graduale sgretolamento dei valori cristiani, conseguenza del diffondersi delle filosofie illuministiche, positivistiche ed ideologiche materialistiche che sfociarono poi, dopo la seconda Guerra Mondiale, nel graduale processo di secolarizzazione tuttora in atto nella società.
Proprio in questo clima, ci furono nella Chiesa persone illuminate dallo Spirito che sentirono la necessità di realizzare una consacrazione a Dio, offrendo una testimonianza cristiana, vivendo ed operando nelle realtà temporali, da secolari consacrati, per riportarle a Dio.
Caratteristica degli Istituti Secolari è quindi una completa consacrazione a Dio mediante l'esercizio dei consigli evangelici vissuti nella condizione secolare per adempiere la missione di "cambiare il mondo dal di dentro" (Giovanni Paolo II, 28.8.80).
Dopo circa 40 anni di sperimentazione furono ufficialmente riconosciuti dalla Chiesa.
Il primo riconoscimento venne dal documento "Provida Mater Ecclesia", Costituzione Apostolica del 1947, cui seguì nel 1948 il Motu Proprio "Primo feliciter" e il "Cum sanctissimus" della Sacra Congregazione dei Religiosi.
Tali documenti, complementari tra loro, contengono sia riflessioni teologiche, sia norme giuridiche, con elementi già chiari e sufficienti per una definizione dei nuovi istituti.
Il Concilio Vaticano Il menziona gli Istituti Secolari con le loro caratteristiche essenziali nel decreto "Perfectae Caritatis" (1965). Questo documento li definisce: non una forma moderna di vita religiosa, bensì "una vocazione e una forma di vita originale", caratterizzata dalla consacrazione a Dio, al quale i membri intendono donarsi totalmente con la professione dei consigli evangelici nella vita secolare. Perciò la peculiare indole di questi Istituti è la secolarità.
Di conseguenza "solo la fedeltà a questa fisionomia potrà loro permettere di esercitare quell'apostolato che li qualifica, cioè nel mondo, nella vita secolare e a partire dal di dentro del mondo, avvatendosi delle professioni, attività, forme, luoghi, circostanze rispondenti alle condizioni secolari" (Primo feliciter).
Dal Concilio Vaticano II gli Istituti Secolari hanno avuto indicazioni più che sufficienti sia per approfondire la loro realtà teologica (consacrazione nella e della secolarità) sia per chiarire la loro linea di azione (santificazione dei membri e presenza trasformatrice nel mondo).
Pio XII, Paolo VI, Giovanni Paolo II pronunciarono discorsi densi di dottrina che aiutarono a meglio definire l'identità degli Istituti Secolari.
Di Pio XII ricordiamo la "Provida M." e il "Primo Feliciter".
Di Paolo VI i discorsi in occasione dei Convegni degli Istituti Secolari:
"Gli Istituti Secolari appartengono alla Chiesa a titolo speciale di consacrati secolari" (1970);
"La vostra è una forma di consacrazione nuova e originale suggerita dallo Spirito Santo" (1972);
"La Vostra condizione secolare esistenziale e sociologica diventa realtà teologica, è la vostra via per realizzare e testimoniare la salvezza" (1976).
Di Giovanni Paolo II: "la missione a cui tutti gli Istituti Secolari sono chiamati è quella di cambiare il mondo dal di dentro, diventandone il fermento vivificante"; "La consacrazione deve impegnare tutta la vita e tutte le attività quotidiane".
Infine, il nuovo Codice di Diritto Canonico (1983) offre un quadro legislativo sistematico riguardo agli Istituti Secolari. In esso vengono pienamente riconosciuti come Istituti di vita consacrata, diversi dagli Istituti di vita religiosa (cc. 373-578 ecc. e poi cc. 710-711-712).
La Teologia degli Istituti Secolari trova notevoli indicazioni nei nominati documenti pontifici "Provida Mater" e "Primo feliciter", ampliati e approfonditi poi dalla dottrina conciliare e dall'insegnamento dei Sommi Pontefici.
A questi si aggiunge il contributo di studio, passato ed attuale, di vari specialisti.
Anzitutto è da ricordare come il significato del termine "1aico" si sia andato chiarendo sempre più nella Chiesa. Interpretazioni spesso unilaterali e quindi limitative, hanno talora fondato il significato stesso del termine sulla non appartenenza al clero, alla Chiesa, alla religione, ecc. Specialmente negli ultimi secoli gli stessi laici cristiani hanno sentito il bisogno di precisare la loro identità su due fronti: all'interno della Chiesa e in faccia al mondo.
Il Concilio Vaticano II è intervenuto decisamente sul tema, particolarmente nella "Costituzione Dogmatica sulla Chiesa" (cap. IV) e poi nel "Decreto sull'apostolato dei Laici" e nella "Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo". Nella costituzione, "Lumen Gentium", nn. 32-33, si afferma come i laici cristiani, in quanto tali, gestiscono dal di dentro del mondo tutte le realtà temporali, promovendone lo sviluppo secondo il disegno e l'incarico divino da essi accolto. Tale promozione, improntata alla evangelizzazione vissuta, testimoniata e partecipata, costituisce la missione che la Chiesa riconosce, affida e si attende dai laici in ogni ambiente secolare.
Per il completamento e una precisa collocazione dei laici all'interno della Chiesa è poi intervenuto il nuovo Codice di Diritto Canonico (cc. 701-720).
Fin qui la vocazione secolare propria di tutti i laici cristiani.
Ma negli ultimi 50 anni si è venuta storicamente affermando la nuova realtà cui abbiamo accennato. Essa pone in rilievo lo sviluppo che nella Chiesa la vocazione secolare ha avuto partendo dallo stato laicale e senza mutarlo. La donazione totale a Cristo mediante la consacrazione nei consigli evangelici, ha trovato svariate forme di vita, fino all'attuale degli Istituti Secolari. La loro presenza in mezzo al mondo significa una vocazione particolare e una presenza di salvezza, che si esercita nella testimonianza a Cristo e in una attività mirante a riordinare le cose temporali secondo il disegno di Dio.
La L.G. al n. 44 dice: "il dono totale a Cristo compiuto dai membri degli Istituti Secolari viene ricevuto a nome della Chiesa e costituisce un vincolo sacro".
La consacrazione dei membri degli Istituti Secolari pur non caratterizzata da particolari segni esterni, possiede però il carattere essenziale di "impegno totale" alla sequela di Cristo in una determinata comunità ecclesiale.
Ogni Istituto Secolare ha un proprio carisma e una propria spiritualità che si ispira allo spirito dei singoli fondatori, vive in obbedienza a Dio e alla Chiesa, nell'ambito delle norme costitutive dei singoli Istituti (Costituzioni, Regolamento di vita).
Il significato della Secolarità degli Istituti Secolari nella "sequela Christi" sta a indicare sia una condizione sociologica - il rimanere nel mondo - sia un atteggiamento apostolico con attenzione ai valori delle realtà terrene e a partire da essi, allo scopo di permearli di spirito evangelico; "La consacrazione speciale deve impegnare tutta la vostra vita e le attività quotidiane" (Giovanni Paolo II, 28.8.80).
La fusione in una medesima vocazione, della consacrazione e dell'impegno secolare, conferisce ad entrambi gli elementi una caratteristica originale; la professione dei consigli evangelici fa sì che la più intima unione a Cristo renda particolarmente fecondo l'apostolato nel mondo; e l'impegno secolare dona alla professione dei Consigli una modalità speciale, stimolandola verso una sempre maggiore autenticità evangelica.
"Nessuno dei due aspetti della vostra fisionomia spirituale può essere sopravvalutato a scapito dell'altro; ambedue sono essenziali... Siete realmente consacrati e realmente nel mondo" (Paolo VI, 20.9.72).
Paolo VI non nasconde le difficoltà di questo tipo di consacrazione che richiede di essere "nel mondo e non del mondo ma per il mondo" e l'incoraggia presentando la missione da compiere con il "sensus ecelesiae": "Siete laici che dalla professione cristiana fanno una energia costruttrice disposta a sostenere la missione e le strutture della Chiesa" (settembre 1970). Anzi, "Se gli Istituti Secolari rimangono fedeli alla loro vocazione propria, diventeranno quasi il laboratorio sperimentale sul quale la Chiesa verifica le modalità concrete dei suoi rapporti con il mondo" (agosto 1976).
L'ampiezza delle citazioni ci dice come, nell'impegno di tratteggiare il volto di questa moderna vocazione, la Chiesa abbia riflettuto a lungo sulla vocazione propria di tutti i laici cristiani riscoprendone la presenza e insieme la funzione peculiare.
Il Sinodo dei vescovi (1987) sul laicato, dimostra ancora una volta questa preoccupazione della Chiesa.
È Paolo VI che ancora precisa: "Essendo molto svariate le necessità del mondo e le possibilità di azione nel mondo e con gli strumenti del mondo, è naturale che sorgano diverse forme di attuazione di questo ideale" (discorso del 1970).
Vi sono perciò Istituti Secolari con campi specifici di missione (insegnamento, assistenza ai malati, handicappati, apostolato parrocchiale, ecc.) e Istituti che hanno vita in comune sempre per esigenza di missione. I più però vivono una secolarità piena e completa esercitando la loro missione nella professione, nella vita civica e politica, vivendo contemporaneamente la condizione esistenziale comune a tutti gli uomini e appartenendo alle più svariate categorie professionali che vanno da quella operaia, alla scuola, al Parlamento, all'insegnamento universitario.
È la Esortazione Apostolica "Evangelii nuntiandi" di Paolo VI al n. 70 ad evidenziare le responsabilità proprie dei membri degli Istituti Secolari, quando parlando dei laici precisa: "il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze, delle arti, della vita internazionale, degli strumenti di comunicazione sociale", e in altro discorso aggiunge: "Ciò non significa evidentemente che gli Istituti Secolari in quanto tali debbano assumere questi compiti; ciò spetta con personale responsabilità a ciascuno dei loro membri. Dovere degli stessi è quindi di formare la coscienza dei loro membri ad una maturità e apertura che li spingano a prepararsi con molto zelo (...) per affrontare poi con competenza e in spirito di distacco evangelico il peso e la gioia delle responsabilità sociali verso cui la provvidenza li orienterà" (agosto 1976).
"L'ideale per i consacrati nel secolo è che sono talmente mimetizzati nel loro ambito familiare e professionale, nel loro quartiere e nel loro partito politico, che niente li distingue se non la qualità umana e cristiana della loro partecipazione" (Bellaud, Gli Istituti Secolari nella Chiesa oggi, AVE, Roma, 1978).
E questo il motivo fondamentale dell'esigenza di riservatezza dei membri degli Istituti Secolari.
Da tutti i documenti della Chiesa si rileva che gli Istituti Secolari sono "una forma di consacrazione nuova e originale, suggerita dallo Spirito Santo per essere vissuta in mezzo alle realtà temporali e per immettere la forza dei consigli evangeli ci in mezzo ai valori umani e temporali" (Paolo VI, settembre 1972).
Si tratta cioè di vivere una vita "secolare" da consacrati per essere "sale, luce, fermento" in un mondo ambiguo e dissacrato, per la promozione dei valori umani e per portare all'uomo d'oggi, disorientato e chiuso nella sua dimensione puramente terrena, la luce e la gioia del Cristo Risorto e la prospettiva del suo Regno.
(altre informazioni sono nel sito degli Istituti Secolari del Triveneto)