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pubblicato mercoledì 11 gennaio 2012
la traccia dell'intervento del Vescovo (46 KB)
Il Vescovo ha proposto alcuni elementi di lettura e di valutazione su quanto è stato raccolto nella prima fase del Convegno, dedicata a far memoria del cammino percorso negli ultimi tre anni intorno al tema del battesimo. «Una prima realtà che emerge abbastanza unanimemente dall'insieme dei contributi pervenuti è l'esperienza positiva di aver avuto modo di riflettere sul sacramento del battesimo - ha osservato il Vescovo - e di averne riscoperto l'importanza e la bellezza. Possiamo certo dire che questa riscoperta è avvenuta più nei momenti formativi che le parrocchie hanno messo in atto, piuttosto che in scelte operative e pratiche. Possiamo anche dire che essa ha riguardato un numero ridotto di persone, una piccola percentuale rispetto alla totalità dei battezzati della nostra Diocesi e delle nostre parrocchie. D'accordo; ma - ugualmente - non sminuiamo questo fatto. Anzi: proprio questa esperienza e lo stupore gioioso che essa ha suscitato in coloro che l'hanno vissuta, ci spinge a vedere nella riscoperta del battesimo un punto di costante attenzione per le nostre comunità cristiane».
Una seconda realtà che il Vescovo ha sottolineato «è la coscienza di ecclesialità che questo cammino triennale sul battesimo ha favorito. La coscienza cioè di non essere degli individui casualmente o disgraziatamente costretti a camminare insieme, ma di essere delle persone a cui, con il battesimo, è stato fatto il dono di essere in comunione».
Anche «la percezione delle povertà e debolezze, presenti nella nostra Chiesa, nasce - mi pare - proprio dalla consapevolezza di questa costitutiva dimensione ecclesiale insita nel battesimo e - più precisamente - nasce dalla consapevolezza della qualità evangelica che deve caratterizzare la dimensione ecclesiale della vita battesimale. Essendo questa qualità una qualità "alta" (quella della santità, per essere precisi) è comprensibile che le nostre realizzazioni di ecclesialità siano sempre mancanti, povere, inadeguate». E, d'altra parte, questa qualità evangelica "alta" che deve caratterizzare la nostra vita ecclesiale è anche una qualità "donata". Proprio per questo essa va cercata (in noi e negli altri) con umiltà, senza atteggiamenti facilmente accusatori e colpevolizzanti (come spesso può accadere). Va cercata con l'umiltà paziente di chi sa che c'è da compiere un cammino di conversione che ci coinvolge tutti e che va nella direzione della carità, del dono gratuito di sé, e non semplicemente della pretesa e dell'accusa rivolta agli altri. Mi pare davvero importante sottolineare questi atteggiamenti interiori, anzitutto perché li ho sostanzialmente colti presenti nei contributi arrivati dalle parrocchie; in secondo luogo perché sono gli atteggiamenti giusti che devono caratterizzare anche le fasi successive del nostro Convegno: il discernimento e poi l'individuazione dei passi che siamo chiamati a fare per accogliere come Chiesa l'invito ad abitare la terra e vivere con fede».
(da L'Azione, n. 1 dell'8/1/2012)