19:00: Presentazione del percorso missionario "Andiamo oltre" 2024
Mostra tutti gli articoli del Centro Missionario Diocesano
pubblicato mercoledì 24 settembre 2008
Partenza alle 6.00 dal piazzale della chiesa di San Vendemiano. Volo Iberia, Venezia-Madrid alle ore 7.55. Volo Madrid-Bogotà alle 12.20. Arrivo a destinazione dopo circa quattordici ore di volo alle 15.30 ora locale (22.30 ora italiana).
Ha appena smesso di piovere quando usciamo dall'aeroporto e l'aria è quella fresca di montagna. Bogotà si trova a circa 2600m di altitudine. Ci accoglie l'abbraccio caloroso di Padre Dino De Zan, il sorriso di Fabiola Salguero, collaboratrice amministrativa nel centro e un meraviglioso arcobaleno sopra le montagne della Cordigliera.
Barrio (quartiere) Juan Rey, periferia sud di Bogotà, 3100m di altitudine. È qui che si trova il Centro San Camilo.
Siamo in piedi prima dell'alba. Il fuso orario non ci permette di dormire. Tutti e cinque avvertiamo i sintomi del mal di montagna: leggera vertigine, mal di testa e pesantezza. Passeranno in due giorni.
Mattinata grigia, 11° C. Cominciamo a visitare il Centro: la cappella, gli ambulatori medici, il centro professionale. È tanta la gente del quartiere che usufruisce dei servizi offerti ed è continuo l'andirivieni di persone, studenti, bambini.
Nel pomeriggio, sotto un tiepido sole, affrontiamo le ripide vie del quartiere per capire come si vive qui. Incontriamo soprattutto anziani, donne e bambini. Sono persone semplici, che salutano e sorridono dolcemente nonostante la durezza del clima.
Iniziamo la giornata con la tipica colazione colombiana: chocolate caliente e arepas, schiacciatine di farina di mais e formaggio fresco, cotte alla piastra. Dolce e salato, contrasto frequente nelle pietanze della cucina locale.
Con Fabian, un giovane seminarista che collabora con Padre Dino, andiamo a visitare il santuario del Senor Caido in cima al Cerro de Monserrate. È un luogo di pellegrinaggio e devozione per la gente di Bogotà e delle zone limitrofe.
Dopo pranzo, passeggiamo nel Barrio San Manuel, poco lontano dal Centro. È una sola via che sale verso la montagna. Domani è prevista la visita di qualche autorità e sono stati forniti gratuitamente agli abitanti vasi di pittura. Le semplici abitazioni di mattoni rossi, legno e lamiera di recupero, devono apparire come nuove. È per questo che famiglie intere sono all'opera per dipingere le facciate (solo quelle!). L'illusione è che il colore del cielo azzurro possa imprimersi sulle pareti e trasformare le case, talvolta fatiscenti, in villini naif.
Alle 11 partecipiamo alla Santa Messa. È uno dei momenti più significativi del nostro viaggio. Padre Dino ci presenta alla comunità, e lo fa con commozione. Cerchiamo di spiegare perché abbiamo deciso di visitare il centro San Camilo e Juan Rey. Non è facile farlo davanti ai volti incuriositi delle persone. Silenziosi e sorridenti, riescono a comunicare serenità, affetto, rispetto e disponibilità. Vorremmo confrontarci con una realtà diversa da quella in cui viviamo, desideriamo trasmettere quello che siamo, imparare da quello che siete, condividere i valori in cui crediamo.
Alla fine della celebrazione, le tante strette di mano e i benvenuti festosi ci avvolgono di calore umano. Sentiamo meno freddo, nonostante il vento che scuote impetuoso gli alti eucalipti.
Pomeriggio nel centro storico di Bogotà. È uscito il sole; molte persone affollano i viali e i giardini pubblici della città
Volano ovunque gli aquiloni. È uno dei passatempi, uno dei giochi preferiti da bambini e adulti.
Visita alla zona nord di Bogotà. Al "Norte" (nord) si trovano i quartieri più ricchi, dove gli standard di vita sono quelli di una qualsiasi industrializzata metropoli. Abbiamo l'impressione di aver oltrepassato una frontiera, di essere rientrati nella società dove abitualmente viviamo.
C'è molto traffico. In mezzo alla larga Avenida principale, corre, su una corsia riservata, il Transmilenio. È un servizio di autobus di linea rossi che da due anni attraversa più rapidamente la città.
Rientriamo al "sur" (sud) dove sono molto meno numerose le auto private. La popolazione si sposta usufruendo degli autobus "collectivos" o di piccoli taxi gialli. Sulla collina a destra compare il quartiere "Ciudad Bolivar", il più pericoloso, povero e malfamato della città. Qui vivono i rifugiati, coloro che sono scappati dalle zone di guerriglia ma anche gli stessi guerriglieri e molti paramilitari.
Trascorriamo la mattinata nel Centro professionale. Visitiamo innanzitutto il laboratorio confezioni dei jeans "Dinosaurio". I capi vengono ideati e realizzati con questo simpatico marchio nel laboratorio e poi venduti in un piccolo punto vendita in un centro commerciale, nella zona popolare della città.
Partecipiamo a una lezione di inglese con i ragazzi del corso Ausiliari amministrativi. È interessante confrontare i nostri diversi stili di vita; ci arricchiamo reciprocamente nello scambio di informazioni e opinioni. Diventa fondamentale comunicare e tentiamo di raggiungere lo scopo in tutti i modi possibili: inglese, italiano, spagnolo, francese, mimica, disegno, canto... Coinvolgente esperienza.
Nel pomeriggio raggiungiamo Zipaquirà, una cittadina a nord di Bogotà dove è stata costruita, in una ex miniera di sale, una maestosa e suggestiva cattedrale. Ci dirigiamo poi alla laguna di Guatavita, una depressione creata da una gigantesca meteora caduta circa 2000 anni fa. Il luogo fu considerato sacro dai Muisca, antica civiltà india che viveva nella zona.
La storia recente racconta invece di trasformazioni avvenute per opera dell'uomo. Il 15 settembre 1967, per creare un invaso di acqua dolce, la città vecchia venne completamente sommersa. Molti degli abitanti si trasferirono altrove. Quella che visitiamo è pertanto la nuova Guatavita.
Mattinata nell'officina della scuola. Venticinque ragazzi divisi in 5 gruppi, imparano a riparare automobili: la parte elettrica, meccanica, l'assetto delle ruote. È un'officina rifornita di materiali acquistati con donazioni anche italiane. Si nota una buona organizzazione e l'impegno di studenti e professori.
Siamo ospiti a pranzo dei padri del Centro Camilliano di Bogotà. È una congregazione che da decenni sta operando in Colombia e in tutto il centro-sud America per migliorare i servizi sanitari, l'assistenza basilare agli ammalati, alle persone in situazione di disagio. La collaborazione con molti laici volontari ha ampliato i campi d'intervento.
Festa Nazionale. Ricorda una battaglia per l'indipendenza dagli spagnoli, avvenuta sul ponte di Boyocà, a nord di Bogotà, nel 1819. Con padre Dino, Fabiola e Fabian, visitiamo Chiquinquirà, Raquira, Villa de Leyva, Tunja.
Chiquinquirà: bella cittadina sede di un santuario mariano. Prima di arrivare in città, attraversiamo zone di produzione di mattoni, con le antiche fornaci ancora in funzione. Poi seguiamo camion che trasportano carbone. Ci sono molte piccole miniere lungo la strada.
Raquira: caratteristico villaggio famoso per la produzione di manufatti in terracotta.
Villa de Leyva: magnifica città che conserva l'aspetto coloniale dei secoli trascorsi. Situata in una calda valle, è circondata da desertiche montagne. Il paesaggio è caratterizzato da arbusti, cactus e piante da clima assolato. Si sta tentando di introdurre la coltivazione della vite per la produzione di vino. La località è famosa anche per il ritrovamento di fossili di animali preistorici
Tunja: capoluogo del dipartimento di Boyacà, è una vivace città sede di scuole e università. Situata a 2820 m di altitudine è considerata il capoluogo più freddo della Colombia.
Al rientro dobbiamo pazientare per due ore nel "trancon", nel lungo serpentone di auto che sta rientrando in città dopo la giornata di festa.
Abbiamo promesso di preparare la pizza italiana per cena. Fin dal mattino ci impegniamo in cucina per fare la pasta e il sugo di pomodoro.
Visitiamo il "Comedor", la mensa del centro per i bisognosi di sostegno economico. Molti bambini aspettano impazienti, e forse affamati, davanti al portone rosso. Il servizio di distribuzione dei pasti inizia alla ore 11e si conclude intorno alle 14.30. Molti bimbi devono poi andare a scuola e altri arriveranno invece in mensa al termine delle lezioni. Nelle scuole del quartiere si organizzano doppi turni orari perché le strutture scolastiche non hanno gli spazi per accogliere tutti gli studenti al mattino. Le lezioni cominciano generalmente alle 7, fino a mezzogiorno, e poi alle 13, fino alle 18.
Fusagasugà: visita all'Hacienda Coloma che coltiva e vende caffè. Siamo in un'area a sud di Bogotà, a 1400m di altitudine circa. Il clima qui è costantemente mite e favorisce la crescita di piante da frutto.
Siamo accolti gentilmente anche nel vivaio di un agronomo tedesco che da venticinque anni coltiva piante tropicali che esporta in tutto il mondo. Emerge la sua passione per questo lavoro quando parla degli esemplari più rari che cura nelle sue serre.
Il viaggio di ritorno ci permette di attraversare una foresta tropicale con lussureggianti alberi che ricoprono i pendii delle montagne. Prima di arrivare a Sibaté, ci fermiamo lungo la strada in un modestissimo chiosco che vende fragole con panna. Sono una delizia, nonostante l'igiene del posto sia tutt'altro che rassicurante. Intorno, soltanto campi coltivati a fragole.
Ci alziamo presto e aiutiamo Padre Dino a preparare la chiesa per la Santa Messa delle 11.
Salutiamo la comunità e ringraziamo tutti per la loro accoglienza. Domenica prossima saremo di nuovo in Italia. Stiamo imparando lo spagnolo e riusciamo a partecipare in modo più attivo alla celebrazione. Ne siamo felici.
Trascorriamo una tranquilla domenica pomeriggio girovagando con Fabiola tra i mercati della frutta e quelli di "ogni merce" nel centro di Bogotà. Siamo diventati un gruppo affiatato e condividiamo con gioia il tempo che trascorriamo insieme. Si evidenziano sempre di più le nostre diversità, quelle che ci rendono unici e arricchiscono, nello scambio, ogni componente del gruppo.
Giornata fredda e piovosa. Restiamo in casa a preparare torte, crostate e biscotti. L'indomani sono attesi nel Centro alcuni imprenditori tessili che lo sostengono economicamente.
Conversiamo a lungo, la sera. Scambiamo impressioni, chiediamo informazioni sulla vita politica del Paese. Siamo tutti affascinati da questa terra, da quello che abbiamo conosciuto, ma vorremmo comprendere la ragione di tanti contrasti e differenze, che non garantiscono ancora sicurezza e dignità sociale.
Siamo contenti di collaborare alla preparazione di una colazione italiana. Il gruppo di sei imprenditori è in visita al Centro per concordare forme di sostegno e collaborazione. È molto comune in Colombia discutere di questioni importanti al tavolo della colazione. È il primo pasto della giornata ed è per i colombiani ricco, sostanzioso e abbondante.
Alle 11, poiché manca del personale alla mensa comunitaria, ci offriamo di aiutare nella distribuzione dei pasti. È un'occasione importante per noi perché ci permette di incontrare la gente, i bambini di Juan Rey.
Alle 7 abbiamo appuntamento con le cuoche nella cucina della mensa comunitaria per preparare las arepas e las empanadas. Il procedimento è lungo e laborioso. Dopo aver fatto lessare il mais bianco, i chicchi devono essere macinati e ridotti in una sottile pasta che serve per la preparazione di queste specialità. Mentre m'impegno a girare la manovella del tritatutto, penso a quella nonna che domenica, dopo la messa, mi ha parlato della sua grande famiglia e delle trecento arepas che prepara ogni giorno. "Complimenti davvero!" avrei voluto dirle.
Prima di pranzo, visitiamo un asilo "familial". È una struttura organizzativa tipica della Colombia. Una mamma, una signora, con una specifica preparazione, ospita nella sua casa bimbi in età prescolare. Riceve un contributo mensile da parte dell'Alcaldia (il Comune) e talvolta un ulteriore sostegno dalle famiglie.
Marta ci accoglie con un immenso sorriso e con il suo gruppetto di quindici bambini. È emozionante sentirli cantare, guardarli giocare con pochi semplicissimi giocattoli, vederli attratti dalle nostre macchinette fotografiche. Sono curiosi e sereni, fiduciosi nei nostri confronti. Marta li accudisce con attenzione e affetto.
È il nostro penultimo giorno in Colombia. Padre Dino ci propone di trascorrere qualche ora a Choachì, una località con sorgenti termali. Lungo il tragitto restiamo fermi per un'ora e mezza a causa dei lavori di allargamento e rifacimento della strada. Cominciamo a considerare inefficiente la direzione dei lavori perché blocca il traffico per un tempo che percepiamo infinito. La colonna d'auto e camion diventa sempre più lunga, nella quieta rassegnazione degli autisti. Quando però viene finalmente dato il segnale di via libera, si scatena l'istinto di sopraffazione e tutti cercano di recuperare posizioni, tempo perduto, guidando come fossero a una gara di rally... anche noi non siamo di meno!
In cima all'altopiano, il paesaggio è particolarmente suggestivo. Pascoli e mucche sono avvolti dalla nebbia, spicca il verde rigoglioso dell'erba umida.
Oggi in Colombia non è un giorno festivo ma gli studenti del Collegio San José partecipano con noi alla Messa. Prima di uscire li salutiamo tutti e auguriamo loro felicità e fortuna per il futuro.
Nel primo pomeriggio partiremo per rientrare in Italia. Il nostro viaggio è quasi finito. Padre Dino e Fabiola ci invitano a raggiungere il salone della mensa. La maggior parte degli operatori del Centro San Camilo è lì ad attenderci. Forse per rendere meno triste il momento dei saluti, è stato fatto intervenire un gruppo di mariachi che comincia a cantare e suonare le più belle canzoni della tradizione colombiana. Sono frasi d'amore per la propria terra, sono parole d'amicizia che toccano l'anima. Scendono lacrime dagli occhi commossi; si percepiscono gli abbracci e i sorrisi sinceri. È un grazie reciproco quello che ci scambiamo.
"Quando tornerete?" ci viene chiesto. "Vi aspettiamo ancora!". "Non dimenticateci!".
Nessuno di noi potrà dimenticare questa intensa esperienza di vita. Siamo grati a Padre Dino, Fabiola e tutta la loro comunità per averci accolti come amici di sempre, come veri fratelli nella loro casa, nella loro vita.
Elsie Peruch