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pubblicato mercoledì 21 marzo 2012
Colui che viene proclamato beato o santo è innanzitutto un esempio di vita cristiana eccellente. Giuseppe Toniolo è stato un cristiano esemplare in tutti gli aspetti della sua vita e per questo verrà proclamato beato, ma egli è stato anche un protagonista di quella stagione particolare della Chiesa italiana che è seguita all'unificazione dell'Italia. Dopo la costituzione dello stato unitario la Chiesa italiana iniziò un faticoso percorso che la portò a collocarsi in maniera diversa nella nuova realtà politica e sociale: non più in una sdegnosa estraneità, ma in una opposizione costruttiva per il bene del popolo italiano. Ma il Toniolo partecipò attivamente anche ad un secondo più ampio processo che in quello stesso periodo, la seconda parte dell'Ottocento, interessò la Chiesa universale. In quel tempo la Chiesa cattolica incominciò a ripensare il suo rapporto con quel mondo nuovo segnato dalla rivoluzione industriale e dalla cultura moderna. Essa aveva sempre guardato con diffidenza a questo mondo e si era ritirata in se stessa lanciando contro di esso solo condanne; da allora, invece, cercò di entrare in contatto con esso, impegnandosi ad esaminarlo e a considerare che cosa poteva offrire per migliorarlo. È il tempo della nascita della Dottrina sociale della Chiesa e della presenza più attiva nella società da parte della Chiesa. Dapprima in maniera timida attraverso una minoranza di cristiani che sentivano nella loro coscienza l'obbligo di guardare alle condizioni miserevoli in cui si trovavano le masse popolari, poi in maniera sempre più decisa e con l'avvallo della gerarchia. Il Toniolo fece parte fin dall'inizio di questa minoranza contribuendo al suo consolidamento. È di questo suo impegno sociale che vogliamo soprattutto parlare, che non è estraneo alla sua santità, perché anche attraverso di esso egli ha vissuto in pienezza il suo essere cristiano.
Giuseppe Toniolo aveva scelto come professione l'insegnamento universitario. Nato a Treviso nel 1845, si laureò a Padova in economia politica e ottenne la cattedra in questa materia all'Università di Pisa, dove rimase praticamente per tutta la vita. Conservò però sempre un legame profondo con la nostra terra trevigiana in quanto sposò Maria Schiratti di Pieve di Soligo. Qui veniva ogni estate a passare le sue ferie e qui volle essere sepolto. Il professor Toniolo non rimase però chiuso nei suoi studi accademici. Egli partecipò con grande passione al travaglio del nostro paese che compiva i primi passi come nuova nazione per inserirsi nello sviluppo del mondo moderno. La sua preoccupazione principale fu che tale sviluppo avvenisse nel modo giusto, che per lui era quello indicato dalla fede cristiana, e aiutò la Chiesa italiana ad accompagnare efficacemente questo processo. Tutto il suo pensiero e la sua azione si concentrò su questo punto: mostrare, partendo dalla fede cristiana, quali dovevano essere i passi da fare per la formazione di una società degna dell'uomo. A questo scopo egli prese contatto con tutti i centri europei nei quali si stava elaborando il pensiero sociale cristiano. Così egli diventò uno dei principali costruttori della Dottrina sociale della Chiesa. L'enciclica che il papa Leone XIII pubblicò nel 1891, la famosa Rerum Novarum, prima espressione ufficiale di questa Dottrina, è frutto anche del suo contributo.
In Italia, dopo l'unificazione, i cattolici si trovarono in una situazione singolare. La nascita del nuovo stato era avvenuta attraverso una dolorosa rottura con la Chiesa a causa dell'abolizione dello Stato Pontificio e della proclamazione di Roma a capitale d'Italia. Il papa, con i cattolici, si sentì violentato da queste decisioni e non volle riconoscere la nuova realtà. La protesta prese forma in un vasto movimento dei cattolici italiani in difesa dei diritti del papa, che si organizzò in una struttura associativa chiamata "Opera dei congressi". Il nome deriva dal fatto che il primo impulso venne dalla convocazione di tutti i cattolici ad un congresso che si tenne a Venezia nel 1874, dove si studiarono le strategie per opporsi al grande sopruso commesso nei confronti del pontefice. La convocazione si ripeté negli anni successivi e per darle più continuità ed efficacia si costituirono dei comitati stabili in molte Diocesi e anche nelle principali parrocchie. Prese forma così una vasta organizzazione, chiamata con quel nome. Era formata sostanzialmente da laici e rappresentava il primo risveglio dei laici italiani in una Chiesa sostanzialmente clericale. Rappresentava la prima forma di quello che gli storici chiamano il "Movimento cattolico".
È interessante notare che questo risveglio avveniva attraverso una convocazione, un trovarsi insieme di tutte le componenti della Chiesa. È la conferma che questa è una modalità importante della vita della Chiesa. La Chiesa si evolve non solo mediante la convocazione dei suoi responsabili gerarchici (i concili), ma anche di tutte le sue componenti. A pensarci bene questa tradizione ha segnato fortemente la rigenerazione della Chiesa e continua anche al giorno d'oggi.
Il nostro Toniolo, da cristiano responsabile qual era, si coinvolse in questo movimento e ne divenne uno dei protagonisti.
L'entrata del Toniolo nell'Opera dei congressi ne provocò un significativo cambiamento. Il movimento, infatti, era tutto concentrato nella difesa dei diritti del papa. Era il baluardo dell'"intransigentismo", termine che indicava la volontà di non scendere mai a patti con la nuova realtà politica. Questa volontà fu sancita a livello ufficiale con un decreto, il cosiddetto "Non expedit", che proibiva ai cattolici di partecipare alla vita politica: né elettori né eletti, si diceva. Il Toniolo si attenne sempre a questa indicazione, però non poteva ignorare la situazione sociale del paese. La difesa dei diritti violati del papa era importante, ma più importante era per lui il cambiamento della disastrosa situazione sociale in cui versava l'Italia, sotto la guida di governi liberali. Egli si impegnò a spostare l'attenzione del movimento cattolico verso questa direzione, non senza incontrare la resistenza e anche l'ostilità dei dirigenti del movimento. Per lui era urgente impegnarsi in una analisi profonda della realtà ed elaborare vie nuove per realizzare una maggiore giustizia sociale. In questa sua battaglia egli trovò l'appoggio della parte più giovane del movimento. I congressi, soprattutto dopo la pubblicazione della Rerum Novarum, divennero, sotto la spinta del Toniolo, sempre più momenti decisivi per il cambiamento della realtà sociale del paese, in contrapposizione alla mentalità liberale, poco sensibile alle riforme sociali e in contrapposizione all'incipiente movimento socialista, inconciliabile con la visione cristiana della società.
Questo impegno sociale in nome della fede non poteva non risentire della visione dei rapporti della Chiesa con il mondo, tipica di quel tempo. Molto diversa, per intenderci, da quella che sarebbe maturata con il Concilio Vaticano II. Il contatto della Chiesa con il mondo plasmato dalla modernità avvenne mantenendo tutta la diffidenza nei suoi confronti. Si cercò di inserirsi in esso, non solamente con azioni caritative, ma anche sforzandosi di capire le cause dei mali sociali in modo da proporre dei rimedi efficaci, ma si entrò con la convinzione che tutto quello che era stato fatto in questi secoli di grandi cambiamenti, era tutto sbagliato. Non c'era atteggiamento di dialogo. La Chiesa rimaneva polemicamente in opposizione e il miglioramento sociale non poteva avvenire se non attraverso un ritorno di questo mondo moderno sotto il suo manto. Solo la Chiesa possedeva la soluzione definitiva dei problemi sociali. Il Toniolo partecipava di questa visone del rapporto della Chiesa con il mondo. Era sua convinzione profonda che il miglioramento non potesse avvenire se non restaurando l'"ordine sociale cristiano", l'unico valido. Questo gli impedirà di accorgersi di nuove vie per una presenza più efficace della Chiesa nel mondo che già al suo tempo si incominciavano ad intravedere. Questo non toglie che il suo pensiero sociale non abbia individuato fin da allora alcuni punti fondamentali che sono entrati nel patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa. Vedremo in concreto questi punti continuando l'esplorazione del suo pensiero sociale.
don Gian Piero Moret
(da L'Azione, n. 1 dell'8/1/2012)