Mostra gli altri articoli sulla visita pastorale
pubblicato giovedì 17 gennaio 2013
"Apritemi le vostre case, le vostre comunità, soprattutto il vostro cuore! Io sono vostro, voi siete miei, insieme siamo di Cristo, da lui amati e inviati ad annunciare al mondo l'amore di Dio Padre". Così scrive il vescovo Corrado nella lettera in cui annuncia la visita pastorale ormai imminente. Un'espressione di san Paolo - "Collaboratori della vostra gioia" (2Cor 1,24) - è stata scelta come titolo per questa "prima volta" del vescovo Corrado.
Eccellenza, nel presentare la visita lei sottolinea che non si tratta di un'ispezione amministrativa ma di un'azione apostolica.
«Il vescovo è successore dell'apostolo e l'apostolo è un "mandato". La visita parte da un mandato che ho ricevuto: annunciare il vangelo e confermare la fede dei fratelli, in questo rendendo presente la visita che il pastore supremo, Gesù, continuamente svolge nei confronti di tutto il suo popolo».
Il primo posto nella visita l'avranno le persone, anche i "non praticanti". Come si realizzerà l'incontro?
«Pensiamo a come agiva Gesù: Egli incontrava singole persone ma più normalmente parlava a gruppi o addirittura folle di persone. Così avverrà durante la visita pastorale. Ci saranno momenti per colloqui personali con sacerdoti, laici..., altri momenti per i gruppi, infine le celebrazioni».
La visita è anche un'occasione per verificare come sono amministrate le parrocchie.
«Storicamente la visita come azione apostolica ha anche il compito di verificare e non solo di incoraggiare, lodare, sostenere. Ci sono dei "convisitatori" che precederanno il mio arrivo e verificheranno, con i parroci e i laici, lo stato degli edifici di culto, la conservazione dei documenti, la gestione dei beni della parrocchia... I "convisitatori" aiuteranno quanti sono impegnati nell'amministrazione della parrocchia a fare in modo che il l oro servizio sia quello più corretto. Il senso è fondamentalmente di fotografare la realtà e aiutare gli operatori pastorali».
La visita ha l'obiettivo di verificare quanto l'azione pastorale sia espressione di culto, testimonianza di carità e strumento di missione. Ci sono alcuni snodi della pastorale per i quali avrà particolare attenzione?
«Uno degli aspetti che ritengo più meritevoli di attenzione è la liturgia. Anche il recente Convegno diocesano e la sintesi di Aquileia 2 hanno sottolineato la necessità di qualificare le nostre celebrazioni liturgiche nel senso del respiro autentico del mistero che si celebra, superando la sciatteria e la superficialità del celebrare per dare alle persone l'occasione di un'autentica esperienza di incontro con il Signore. Secondo aspetto che mi sta a cuore è la carità che non deve essere una dimensione delegata alla Caritas o a qualcuno. La carità deve essere una dimensione a cui tutta la parrocchia è sempre attenta. Un terzo aspetto è trovare strade per essere vicini alle categorie più difficili e quindi più bisognose di accompagnamento, penso ai giovani e alle famiglie giovani e a quelle ferite».
La visita si svolge a vari livelli: parrocchia, unità pastorale e forania. Perché questa scelta?
«La caratteristica di questa visita è di non essere solo parrocchiale né solo foraniale ma parrocchiale, foraniale e soprattutto di unità pastorale. Questa è una scelta che mi sta particolarmente a cuore perché le unità pastorali non possono decollare sulla carta ma il loro sviluppo avviene concretamente giorno per giorno con un'azione di accompagnamento e sostegno. È un po' quello che accade con i bambini che devono imparare a camminare: i genitori non danno spiegazioni teoriche, ma sostengono le braccia dei piccoli, li lasciano andare, li soccorrono perché non cadano... La realtà è molto varia, alcune unità camminano già, per altre ci vorranno ancora molti anni.
Legato a questo aspetto è la verifica della corresponsabilità: tanti incontri saranno con i laici perché assumano e vengano lasciati assumere le loro responsabilità».
Federico Citron
(da L'Azione, n. 2 del 13/1/2013)